Bitcoin e Criptovalute: qual è il trattamento corretto?
Il 22 maggio 2010 a Jacksonville in Florida, Laszlo Hanyecz ordinò due pizze da Domino’s e per pagare il conto di 41$ utilizzò 10.000 Bitcoin.
Da quella famosa data, ora riconosciuta come “Bitcoin Pizza Day”, è trascorso molto tempo e questo episodio, divenuto ormai una vera e propria ricorrenza, ci spinge a riflettere sulla questione dei bitcoin e delle criptovalute e sul loro utilizzo in operazioni così semplici come il pagamento di una cena.
Il fenomeno, in Italia e nel mondo, è divenuto di portata tale da non poter più essere ignorato o relegato a fattispecie secondaria di scarsa rilevanza. Per questo motivo, infatti, la dottrina ha cominciato ad interrogarsi su quale sia la reale natura, nonché il trattamento corretto, delle criptovalute.
Nello specifico, la Banca d’Italia ha definito le criptovalute come “rappresentazioni digitali di valore, utilizzate come mezzo di scambio o detenute a scopo di investimento, che possono essere trasferite, archiviate e negoziate elettronicamente”.
Dal punto di vista fiscale, invece, per quanto riguarda le imposte sul reddito delle persone fisiche che detengono valute virtuali al di fuori dell’attività d’impresa, l’Agenzia delle Entrate sostiene che alle operazioni in valuta virtuale si debbano applicare i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali.
Criptovalute ed imposte sui redditi
Ai sensi dell’art. 67, c. 1, lett. c-ter) costituiscono redditi diversi di natura finanziaria le plusvalenze realizzate mediante la cessione a titolo oneroso di valute estere, oggetto di cessione a termine o rinvenienti da depositi o conti correnti. Le cessioni a termine di valute virtuali rilevano sempre fiscalmente a causa della loro finalità intrinseca speculativa.
Secondo il comma 1-ter) del medesimo articolo 67, le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere rinvenienti da depositi e conti correnti concorrono a formare il reddito a condizione che, nel periodo d’imposta, la giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento, sia superiore a € 51.645,69 per almeno 7 giorni lavorativi continui. Il controvalore in euro delle criptovalute dev’essere calcolato sulla base del cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento, ossia il cambio del 1 gennaio dell’anno nel quale si verifica la cessione.
Gli intermediari italiani sono tenuti a fornire al contribuente la certificazione dell’avvenuto superamento della giacenza, riportando altresì tutti i prelievi e le cessioni di valuta estera avvenute sul rapporto nell’anno d’imposta. Questa documentazione è fondamentale per predisporre la dichiarazione dei redditi e dovrà essere conservata per eventuali riscontri da fornire all’Amministrazione Finanziaria. Va segnalato che nella pratica questa certificazione non viene prodotta, ma questo non manleva il contribuente che ha comunque la responsabilità autonoma di verificare l’eventuale superamento e calcolare le possibili plusvalenze.
Nel caso in cui la giacenza di wallet complessivamente detenuti dal contribuente abbia superato la soglia di euro € 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi consecutivi nel periodo d’imposta, è necessario compilare il quadro RT – Plusvalenze di natura finanziaria, sezione II “Plusvalenze assoggettate a imposta sostitutiva del 26%” presente nel fascicolo n. 2 del Modello Redditi PF.
Il versamento dell’imposta avviene con la scadenza ordinaria di pagamento delle imposte sui redditi.
I soggetti titolari di valute virtuali sono obbligati ad indicare tali valute nel quadro RW del modello Redditi – Persone fisiche
L’art. 4 del D.L. n. 167 del 28 giugno 1990 dispone che le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici debbano compilare il Quadro RW relativo al monitoraggio fiscale. L’obbligo scatta nel caso di detenzione di “investimenti all’estero ovvero di attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia”.
L’Agenzia delle Entrate, partendo dalla presunzione che le valute virtuali siano assimilabili alle valute estere, si esprime a favore della riconducibilità di tale fattispecie nell’ambito della disciplina del monitoraggio fiscale.
Tale impostazione è stata recentemente confermata con la risposta ad interpello n. 788 del 24 novembre 2021 con la quale ribadisce che la detenzione di valute virtuali comporti l’obbligo di redazione del Quadro RW “in quanto le stesse costituiscono attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia”.
L’omessa o errata compilazione dei quadri RT ed RW comporta pesanti sanzioni. Per comprendere al meglio gli adempimenti fiscali necessari per essere in regola in caso di titolarità di valuta virtuali contattaci via email per informazioni o per prendere un appuntamento e iscriviti alla newsletter per ricevere i nostri aggiornamenti.